1. Baron-Cohen e la concezione della mente modulare

2. Il test di Sally e Anne somministrato a persone nello spettro autistico

3. Tecniche di Neuroimaging e Cervello Sociale

La Teoria della Mente (ToM: Theory of Mind) si riferisce alla nostra capacità di comprendere le credenze e in generale il punto di vista altrui. Ci consente di fare previsioni sul comportamento degli altri, in base alla capacità di anticipare gli stati mentali e i vissuti altrui. Questa capacità inizia a svilupparsi di solito intorno ai 4 anni di età nei bambini a sviluppo tipico.

  1. Baron-Choen e la concezione della mente modulare

Un articolo fondamentale del 1985 di Baron-Choen riporta i risultati del suo studio che indaga la ToM in persone nello spettro autistico. Il titolo dello studio è: “Does the autistic child have a theory of mind?”, che vuol dire “Il bambino autistico ha una teoria della mente?”. Ad oggi sappiamo che, innanzitutto ogni bambino è diverso da un altro e quindi la risposta non può essere banalmente si/no. La risposta è complessa, e sappiamo che non tutte le persone autistiche non hanno una teoria della mente, questa però può presentare alcune differenze con la ToM di un bambino neurotipico.

Negli anni ’80 si afferma la psicologia cognitiva, fortemente centrata sul modello modularista della mente. Il gruppo di ricerca di Baron-Cohen fa parte di questo filone. Secondo il modello modularista la mente sarebbe organizzata in sistemi cognitivi ognuno deputato a specifiche funzioni, dei moduli appunto. Quindi non c’è un modello generale di mente ma “dispositivi separati” ognuno deputato a elaborare specificamente determinate informazioni. Tra gli altri ci sono anche moduli per l’elaborazione sociale. Secondo il modello modularista, il “modulo per l’elaborazione sociale“, della Teoria della Mente, sarebbe appunto “difettoso” nelle persone autistiche, in un’ottica di “funziona” o “non funziona”.

2. Il test di Sally e Anne somministrato a persone nello spettro autistico

I test di falsa credenza si utilizzano per indagare se le persone comprendono che le altre persone possono avere credenze false, e avere una prospettiva diversa dalla propria. Questi test permettono di comprendere se il bambino distingue tra la sua credenza e il punto di vista di un altro (Dennett, 1978). Il test funziona così:

  • Il bambino siede al tavolo e due bambole (Sally & Anne) sono posizionate vicino a due contenitori coperti, Sally vicino al cestino e Anne vicino alla scatola.
  • Sally posiziona un oggetto nel cestino.
  • Sally esce dalla stanza.
  • Anne prende l’oggetto e lo sposta nella scatola senza che Sally lo veda.
  • Quando Anne rientra nella stanza vuole prendere l’oggetto e lo va a cercare.

La domanda è: “Dove cercherà l’oggetto Sally?

Nello studio di Baron-Cohen del 1985 vengono testati tre gruppi di bambini: 20 bambini con diagnosi di autismo, 14 bambini con Sindrome di Down, e 27 bambini neurotipici. La risposta corretta, che indica che il bambino possiede una teoria della mente in maniera consistente, sarebbe che, nonostante noi sappiamo che l’oggetto è stato spostato, Sally andrà a cercare l’oggetto nel cestino, dove lo aveva riposto prima che Sally lo spostasse a sua insaputa. Se il bambino afferma che Sally cercherà nel cestino significa che ha un sistema di credenze per cui può distinguere il suo punto di vista da quello altrui. Perché capisce che, nonostante lui stesso sappia che l’oggetto è stato spostato, Sally era uscita al momento dello spostamento e quindi non può saperlo.

Nei risultati dello studio di Baron-Cohen l’85% circa dei bambini neurotipici e con la Sindrome di Down riesce a superare la prova correttamente, mentre l’80% dei bambini con autismo non ci riesce. I risultati di questo studio andrebbero discussi in maniera approfondita, il senso di riportare qui questo esperimento è che Baron-Choen e altri studiosi iniziano a indagare quali meccanismi mentali sono importanti per una maggiore comprensione e spiegazione della neurodiversità, iniziando a concepire effettivamente diversa la mente autistica da quella neurotipica.

Il gruppo di ricerca di Uta Frith, di cui fa parte anche Baron-Cohen, elabora disegni sperimentali per indagare le modalità specifiche di funzionamento della mente autistica. Inizia a diventare sempre più chiaro il concetto che le persone autistiche non presentano insufficienza mentale ma una specifica compromissione della capacità di attribuire stati mentali all’altra persona. Uta Frith elabora la teoria della “cecità mentale” per cui gli autistici non riescono a comprendere lo stato mentale altrui. La mente autistica presenterebbe quindi questo deficit selettivo, il mancato funzionamento del “modulo ToM”.

Successivamente anche il gruppo di Uta Frith insieme ad Happé andrà oltre la teoria della “cecità mentale” proponendo la “teoria della coerenza centrale”. Una molteplicità di teorie si sviluppano a partire da questi studi e diversi ricercatori elaborano spiegazioni per le difficoltà a livello sociale vissute tipicamente dalle persone nello spettro.

3. Tecniche di Neuroimaging e Cervello Sociale

autism research

Verso la fine degli anni ’90 emerge l’utilizzo delle tecniche di neuroimaging. Le tecniche di neuroimaging restituiscono una fotografia dell’attivazione cerebrale in un dato momento. Permettono di indagare quali sono le basi neurali della Teoria della Mente. Le aree corticali implicate nei compiti di ToM risultano essere:

Corteccia frontale mediale

Giunzione temporoparietale

Solco Temporale Superiore

Giro cingolato anteriore

Cervelletto

Precuneo

Talamo

Corteccia orbitofrontale

Queste strutture rappresentano il Cervello Sociale (Social Brain).

Si inizia a distinguere tra due diversi tipi di capacità di mentalizzazione: esplicita ed implicita. Per mentalizzazione si intende l’attribuzione degli stati mentali altrui.

Mentalizzazione implicita: processo di attribuzione di credenze automatico, non ragionato, che si attiva sin da subito dalla prima infanzia per riuscire a interpretare e prevedere il comportamento altrui in un’ottica adattiva.

Mentalizzazione esplicita: culturalmente ereditata più che biologicamente fondata, non automatica, si sviluppa a partire da alcuni elementi di maturazione biologica nel cervello. Processo a sviluppo più lento.

Il Modello della Doppia Mentalizzazione permette di chiarire alcuni elementi relativi all’autismo. Già durante gli esperimenti di Baron-Cohen si nota come alcuni ragazzi nello spettro superano le prove di falsa credenza, circa un 20%. Alcuni studi evidenziano come adulti con autismo lieve superano delle prove anche difficili, ma le prove di tipo implicito falliscono. Possono arrivare all’esplicito ragionando ma non a riescono a risolvere quelle implicite.

Tra i modelli successivi a quello modulare c’è il modello dell’Embodied Cognition. Questo modello include anche il corpo nel processo stesso della percezione, laddove il modello modulare era focalizzato sulla mente in maniera esclusiva.

La Teoria della Mente è uno degli argomenti di grande interesse nel panorama delle Neuroscienze Sociali. Termini a questo correlati sono Empatia, Neuroni Specchio, Imitazione, e altre tematiche che affronterò nei futuri articoli.

Bibliografia

Frith, U., & Happé, F. (1994). Autism: Beyond “theory of mind”. Cognition50(1-3), 115-132.

Kovács, Á. M., Kühn, S., Gergely, G., Csibra, G., & Brass, M. (2014). Are all beliefs equal? Implicit belief attributions recruiting core brain regions of theory of mind. PloS one9(9), e106558.

Schneider, D., Nott, Z. E., & Dux, P. E. (2014). Task instructions and implicit theory of mind. Cognition133(1), 43-47.

Schuwerk, T., Jarvers, I., Vuori, M., & Sodian, B. (2016). Implicit mentalizing persists beyond early childhood and is profoundly impaired in children with autism spectrum condition. Frontiers in psychology7, 1696.

Valeri, G. (2015). Implicit and Explicit Mentalization and its Relationship to Introspection. Rivista internazionale di Filosofia e Psicologia6(2), 272-281.

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